mercoledì 28 ottobre 2015

Pattada (d.ssa Lucrezia Campus) - Ola Patada

Pattada (d.ssa  Lucrezia Campus)

l paese di Pattada Sull’etimologia del nome “Pattada”, variamente scritto Paçada, Patada, una volta Posada e Pathata come ancora si pronuncia nel Nuorese, Spanola vuole semitica con il significato di “domicilio felice”. Il Bellieni lo fa derivare da patulalata, cioè “luogo esteso”, con riferimento alla vastità dell’orizzonte: la teoria non è linguisticamente valida, perché il suffisso -lata nel passaggio dal latino al sardo sarebbe conservato, come nella parola agrumulada. Vale la pena osservare che il toponimo più volte presente in Sardegna è sempre collegato a un sito con un nuraghe: né manca l’interpretazione popolare che lo fa derivare dal patto stretto per il trasferimento con gli abitanti dei villaggi abbandonati per unirsi a Pattada, salvo Lerron e Bantine, sul primo dei quali si scagliò una maledizione perché finisse distrutto come i leggendari cavalli verdi e così fu! Il paese conserva pochi esempi di architettura domestica tipica cinque-seicentesca, caratterizzata da costruzioni che sfruttavano il costone roccioso per ricavare sottani e cantine, disporre di due ingressi a sud e a nord e di un cortile anteriore o posteriore. Le murature erano in grosse scaglie di granito, più raramente in conci dalla vicina Buddusò o di tufo trachitico di Ozieri. Sono abbellite talvolta da soglie e architravi in trachite, ornate da motivi a fiamma e scritte augurali cinque-settecentesche come: “Si inimicus exurierit ciba illum”. Begli esempi e meglio conservati sono i palazzotti privati dell’Ottocento e nei primi del Novecento, in particolare nella via Roma, frutto di un rinnovamento urbanistico di quegli anni, che si attuò lungo il perimetro sud ed est del centro storico, rimasto invariato per secoli e compreso entro il cerchio disegnato dalle chiese. Per chi arriva da nord e ovest il paese si presenta contornato da una splendida pineta, motivo della sua frequentazione turistico-climatica. Conta 4144 unità immobiliari. Le strade si aprono a formare capienti piazze e ampi slarghi, insoliti in un paese di montagna, dove si trovano varie fonti di granito di fine Ottocento. Una riqualificazione dell’abitato nel centro storico e delle periferie fra gli anni 1995-2005 ha rivitalizzato e dotato il centro di nuovi servizi. Oggi sono disponibili un moderno palazzetto polivalente dello sport, due campi sportivi, un centro culturale, un centro sociale che accoglie il centro anziani, attività giovanili, servizi sanitari, un centro handicap, laboratori per il tempo libero, ludoteca, estesi tutti anche alla vicina Bantine, anch’essa riqualificata e dotata, come Pattada, della rete del gas. Dopo lunga contrapposizione si ottenne un istituto scolastico unitario che comprende dalla scuola materna alla media inferiore di primo grado, cui seguì una generale ristrutturazione degli edifici scolastici. Attiva anche una scuola dell’infanzia parrocchiale nata nel 1916, un baby parking e l’ospizio San Francesco, sorto all’inizio del Novecento sull’area di un distrutto convento francescano.
Il patrimonio artistico subì un notevole depauperamento nel dopoguerra con la scomparsa dei dipinti del Tintoretto. Un restauro ha consentito di conservare l’altare ligneo cinquecentesco della Trinità nella parrocchiale e quello seicentesco nella chiesa di San Giovanni, e ancora, un complesso di statue lignee del
Quattrocento e Cinquecento. Fra le chiese si segnala la duecentesca chiesa di San Michele di Biduvè, le cinquecentesche Santa Sabina e del Santissimo Salvatore, oggi del Rosario, caratterizzata, unico esempio dopo il San Gavino di Torres, da presbiteri contrapposti. Bantine, dal tracciato ancora medievale, ha due chiese, San Giacomo e San Pietro, la seconda conserva i banconi laterali lungo la navata di ascendenza bizantina e superiormente aggiustamenti gotico-aragonesi. Opere di Pinuccio Sciola ornano Piazza dei Poeti di Sardegna e piazza dei Poeti di Pattada. Il centro attira da sempre il turismo sia perché stazione climatica, sia per i prodotti artigianali. Ha una capacità ricettiva di 170 posti letto, due alberghi e agriturismi in zone di particolare pregio paesaggistico.
L’attività economica prevalente rimane la pastorizia che, secondo l’anagrafe di Teramo, conta 421 aziende, di cui 114 di bovini con 2060 capi, 114 di ovini con 27.774 capi, 10 di caprini con 500 capre, 131 di suini con 890, 55 di equini, 3 di api, una di conigli. La cooperativa dedicata solo al latte ovino è una delle prime dieci in Sardegna e ha trasformato nel 2008 11.084.232 litri di latte: la sua produzione di pecorino romano è quasi interamente esportata in America, il resto nel mercato regionale e nazionale. Il latte vaccino è lavorato in parte in piccoli caseifici per la produzione di peritas, sorta di caciocavallo. Per il resto si contano due pastifici, due pasticcerie, tre forni, tre esercizi per l’abbigliamento, sette per gli alimenti, tre le cartolibrerie. Un solo esercizio fornisce strumentazione artigianale. Una decina le imprese dedite all’edilizia, due ai lavori forestali. Di recente attivazione un salumificio e un allevamento di lumache.
Il paese è noto a livello internazionale per l’artigianato del ferro che conta 12 aziende, in particolare per la produzione ancora tutta manuale dei raffinati coltelli a serramanico chiamati resoldzas. Coltelli così rinomati, e allo stesso tempo diffusi, sin dal tempo antico, tanto che sono celebrati dai poeti: Remunnu ’e Locu di Bitti, ad esempio, se la prendeva con un coltellinaio pattadese perché aveva messo un’arma in mano ai suoi compaesani: Malaittu Canale patadesu / ch’at postu sos vitichesos in resoglia (“Maledetto Canalis di Pattada che ha messo il coltello in mano ai bittesi”). Non meno apprezzato l’artigianato del legno, che conta 4 aziende e una liuteria per la produzione di violini e altri strumenti a corda che hanno un buon mercato in Giappone. In ripresa la produzione del torrone. Il centro ha una elevata scolarità, che insieme ad altri fattori ha alimentato l’emigrazione. Notevole il numero di pendolari che lavorano nel terziario. Nel 1900 frequentavano le superiori 73 studenti; trent’anni dopo 129, di cui 31 femmine; in tempi recenti, ma non di obbligatorietà alla frequenza, 215 sui 245 ragazzi tra 14 e 18 anni.
Usi e Costumi e Personaggi Illustri La modernità del vivere non ha fatto dimenticare le tradizioni, cui la popolazione rimane fortemente attaccata. Culturalmente vivace, ha dato vita ad una forma di premio letterario insolito, apprezzato in tutta l’isola, e negli ultimi anni a una produzione letteraria in limba e in italiano. È netta, però, la frattura nei modi di vita fra le generazioni anche nell’uso della lingua materna, sebbene ancora molto esteso. Si parla come a Bonorva e Osilo un logudorese arcaico:
spesso si usa volgere al femminile i cognomi delle donne (Cossa da Cossu, Alza da Vargiu ecc.); la lingua si sta trasformando ad esempio con la vocalizzazione finale. È ancora frequente la confezione dei dolci e dei pani delle feste, come i càbudes, peltusitas e giuadas e la celebrazione di rituali, con il dono di latte e yogurt da parte dei pastori, per la festa del loro patrono San Giovanni. Il Carnevale, a metà fra quello di Bosa e quelli del Nuorese, ha corsi e ricorsi.
Momenti importanti per tutta la comunità sono le feste della patrona Santa Sabina (29 agosto), di San Giovanni (24 giugno) e il Carmelo (16 luglio). Nelle processioni solenni i simulacri sono preceduti da una guardia di cavalieri che sostengono grandi e preziose bandiere e avvolgendone i lembi intorno alle spalle. Frequentatissime in queste occasioni festive le corse acrobatiche a cavallo. È plurisecolare l’usanza del pellegrinaggio a Nostra Segnora ’e Crasta a maggio (data mobile) lungo la via romana di Sa Pedra Peltusa e quella a Bitti, dove i cavalieri con le bandiere accompagnano la Madonna del Miracolo al santuario di Gorofai: sono occasioni in cui si indossano i costumi tradizionali, tuttora confezionati e richiesti, anche se standardizzati sui tre modelli più recenti, che erano in uso per le donne nel dopoguerra per differenziare le classi di appartenenza: le gonne hanno una plissettatura molto fine in vita, che diventa più larga dal ginocchio. Unica la foggia maschile, rimodernata dall’uso del pantalone di orbace al posto delle ragas e portata dagli anziani ancora negli anni Ottanta del Novecento. Gli abitanti, espiritosos (“vivaci”) y atrividos (“impetuosi”), ma anche fra i più laboriosi del Monte Acuto, per dirla con l’Olmedilla, cui fa eco l’Angius che li dice «di buon umore, di notevole spirito, facili nel parlare, pronti nell’agire, impetuosi, imaginosi, anime poetiche», hanno espresso poeti famosi. Fra i contemporanei si ricordano Antoni Palitta, Nanneddu Cambone, Peppinu Fogarizzu, Pedru Mazza, Zuseppe Monzitta.
Stranamente l’Angius non menziona personaggi di rilievo del paese, che pure godevano di notorietà ai suoi tempi o in passato. Ai primi del Seicento don Salvador Sini fu conseller dei Borgia; don Giovanni Becciu divenne per nomina reale commissario generale di artiglieria alla morte di don Lucifero Carcassone nel 1681; don Girolamo Dettori ebbe la carica di commissario con pieni poteri contro il banditismo (1748); Mussiù Pattada (forse un Sanna), dopo la grazia concessa dalla regina ai primi dell’Ottocento per intercessione del padre Chessa, si distinse nelle azioni contro le bande della Planargia e Bonorva. Altri appartennero a vario titolo alla chiesa: il Padre Chessa, gesuita, confessore della vice-regina e dei reali rifugiatisi in Sardegna durante la bufera napoleonica: sicuramente egli intervenne anche per riabilitare al sacerdozio col titolo di arciprete a Buddusò il congiunto Antonio Campus (morto nel 1836); condannato per gravi colpe, causa l’attiva partecipazione ai moti angioini, aveva perduto la sua nomina ad arcivescovo di Genova ed era stato espulso dal sacerdozio. Altri religiosi ebbero prestigio come poeti: popolarissimi del Settecento Giovan Pietro Cubeddu, detto “Padre Luca”, e Pietro Pisurzi fondatori della tradizione arcadica della poesia “pastorale” in Sardegna. Filippo Campus (1817-1887), grande teologo insignito dell’ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro per l’opera di soccorso durante il colera del 1855 che colpì Porto Torres e Sassari, divenne vescovo di Tempio e Ampurias: si distinse per l’azione sociale e civile e perciò il comune di Pattada ha adottato come proprio il suo stemma vescovile. Altri furono noti nella magistratura: Antonio Campus (1821-1906), consigliere di Cassazione a Roma e presidente della corte d’appello di Napoli; Giovanni Maria Campus (1849-1939), anch’egli consigliere di Cassazione a Roma, nel 1919 primo presidente; Giovanni Antonio Campus (1854-1930), avvocato generale della Corte d’appello di Torino, che legò il suo patrimonio agli studenti poveri di Pattada e all’ospedale di Sassari. Alla fine del Novecento l’insigne microbiologo Toeddu Sanna divenne preside dell’Università Cattolica di Roma e nei primi anni di questo secolo un altro pattadese, Angelino Becciu, è stato ordinato arcivescovo ed è attualmente nunzio apostolico in Angola.
Testi di Lucrezia Campus
Dizionario Storico-Geografico dei Comuni della Sardegna
Carlo Delfino editore


‘ola Patada
Dae parizas biddas t’an frommada
unendesi in cucuru de monte,,
da’ Iduvè, Lerron s’incaminada
leadu at sa zente custu fronte.
e dae 'Unne an fatu sa pigada
impare a Bidducara an fatu ponte,
solu ‘Antina s’est arrenegada
ebbai sol’ inie est restada.
Sa idda de Patada in poesia
at mastros de altissimu valore,
dae Lerno, monte Unne a sa Pastia
bi 'olat una musa fat’ astore,
su monte d’ Elicona chi est imbia
lu paschet de idda unu pastore,
totu poetas sun sos patadesos
lezerigan sos coros de' sos pesos.
‘Ola Patada, chin sos fizos tuos
as alimentu 'e poder navigare,
totue digna 'e poder andare
lacanas brinca, tancadas a rujos,
Ap’bidu zente noa tribagliare
in bighinados jaros e iscuros,
b’at pinzos noos in jaos de muros
in frailes de su ferr' atalzare.
Intendo noamente su sonare
su zoccu de malteddu e de su ferru,
chissà chi custu impedat su disterru
a sos piseddos chi cheren restare.
Eppoi s’asci’ e su male in interru
paret chi siat postu a ilmentigare,
si sighit su bonu semenare
si passat in beranu dae s'ijerru..
Non dedas cara a chie nde narat male
de sa comunidade patadesa,
est solu zente mal’ e vilipesa
tiat cherrer chi su raju bi falet.
e tando muntenimus cuss' intesa
comente siamus totu che carrale,
azis a bider chi chei su sale
at a cundire su piat’ in lestresa.
Posta in su montiju soliana
a lacana ‘e Barbagia e Logudoro,
dende sas palas a sa travuntana
abbaidas sos montes de Nuoro.
Totu a mie ispantu mannu dana
sas baddes chin sa natura issoro,
dae sant’ Ainzu abbelta sa ventana
de vista e piaghere nd’assaboro.
De Monte lerno e cussa punta cana
sas rocas mi cunfoltana su coro,
cando tanco sos ojos mi ristoro
iisculto cussas frinas d’aria sana.
Sas notes jaras sun puntirinadas
dae sas biddas postas sut’ e te,
t’ adornan comente bellas damas
chi allegran sa corte de su re.
Ma tue rejna de sas pius famadas
de zeltu no las cheres sut’ e pè,
a totu rendes glorias meritadas
chena pedire nudda, ne pelchè.
Sut’ e Limbara bi nd’ at duas pasadas:
Tul’ e Belchidda chi brillana de se,
a s’ ater’ ala sos montes de Lodè:
Osidda e Buddusò benin miradas.
De monte Santu a terr’ e Meilogu
s’ iden sas frommas chi sa natura dada,
antigas terras de vulcanos e fogu
‘ue Aldara e Mores collocada.
Dae Coghinas a Sant’ Antiogu
‘e Crasta chin basilica pesada,
est un’ ispantu totu cantu su logu
chi s’idet dae sa punta de Patada.
Paret chi siat resessidu jogu
chi sa natura at dadu a sa leada,
in frommas divescias colorada
onzi disizu at apidu s’isfogu.
Sarda sa limba e sa faeddada:
indulchis d’ armonia s’orizonte,
tue sa pius bella in s’ incuntrada
posta ses in sa sedda de su monte.
Pares sa reginella tue pasada
subr’ e su passamanu de su ponte,
dae totu mirada e ‘antada
ses tue sa idda mia ..oh !!!Patada.
torra Pattada..no m' istes assente
nessi in su coro e sa fantasia
sia atesu o sia presente
sempre ti gito ligad' a sa mente
Dae atesu ammento a bidda mia
Faeddos chi muntenen limba ‘ia
Che tando, totu restat comente
Nudda passat .. ses tue sa pitzinnia..!!


Lussorio Cambiganu

martedì 27 ottobre 2015

unu poeta pro amigu









unu poeta pro amigu  


Si  as unu  poeta pro amigu
muntenelu  caru  che-i s’oro,
si in sa poesia  l’ as sighìdu
ti leget  sas penas de su coro,
rendendelas   ispigas de trigu
indeoràdas che menzus tesoro,
lis dat unu motivu.. una zertesa
chi totu podet essere bellesa.
De s’amistade nde faghet  sienda
la tenet  in sa venas  remonida,
pustis  la coglit in manu che prenda
e li dat  un’ ispinta  pro s’ essida.
In chelu pigat et paret ch' azendat
comente un’ istella  mai ‘ida,
totu sos astros li curren in tundu
illuminende  garreras de  mundu

Poeta no est omine perfetu
comente no lu est peruna cosa,
fin’ isse at virdude e difetu
de matule est sa menzus rosa.
De paga cosa nde faghet diletu
affanos che ponet in sa losa,
no esistit  poesia chena poeta
ca musa solu a isse est direta.

domenica 25 ottobre 2015

Proite t' amo “Orune in artu collocadu” foto di Silvestra Pittalis

Lussorio Cambiganu
“Orune in artu collocadu”
Dae Marreri a punt’ e sant’ Andria
Gai poeta t’at pint’ e famadu
In manera pius forte de sa mia
Cucureteti dae subra t’at tancadu
‘ue Silvestra faghet fotografia
Cantu .. ses tosta pro ti poder gosare
Tantu ses modde .. che mama de amare







Proite t’ amo..?


Sas criaduras a  sa prima abbelta de ojos isperian  e chilcan  sa  lughe e su logu dae inue naschet sa vena sua.  Gai e totu  mi so’ semper isperiadu in tundu.. pro cumprendere  cale fit  su cuzzolu chi menzus mi podiat dare  sa mirada a sa vida e a sos misterios chi l’ ammantuan comente una sienda tota de iscoberrer.   

Pro cussu sos ammentos curren finas a sos primos annos de su sessanta.. cando istaìo  meravitzadu a donzi  novidade chi si mi presentaiat e chilcaìo de  cumprendere   su  disconnotu e sas rejones de su  esistere.   

Sos contos de foghile (tando lu fint abberu)  su sero a dainnanti de sa ziminea.. sun cussos chi pius m’ ant frommadu  su tratu e sa fantasia.  Autore et attrice est ‘istada  sa pessona chi pius amus in cussideru e  chi amus pessadu esser  sa ‘uca de sa veriade.. “ sa mama”.

‘Sende orunesa  e faeddende s’ orunesu..   nde cumbenit chi  sos contos  non torraian  a sa realidade chi fio iscobelzende: dae su faeddu divesciu apuntu.. a sos  usos  .. sas maneras   e  sos cussideros  divescios dae cussos de sa idda mia… Patada.

Dae semper apo  bividu comente un fizu in chilca de  sa mama naturale.. in cantu.. finas si mi  cussideraio  patadesu .. m’est sempre istadu presente su  penseri  de  coglire  sutzu dae s’ atera raighina.. mancari pius  agra e atesu  ma  propiu pro cussu  disizada.

Ammento  maigantas paristorias.. fabulas o contos reales chi mi muntenian incantadu e meda mitos  creados tando..m’ adduran  ‘alu:   Intantu su cantu a tenore.. chi  apo semper amadu.. propiu ca l’ intendìo in sas festas de su Cossolu e de su Galminu.. poi sos coetes chi tando idìo solu in Orune. Su bellu grabbu e s’affetu de parentes e connoschentes chi  cando m’ idian passare in via Piave(sa garrera de mannedda)..totu mi sorridian a mi giamaian pro mi carignare e mi dare impoltu (cussu chi animat sas criaduras e los faghet intenner in domo issoro). Ammento a Valeria.. una femina manna (siat de carena che edade.. nessi mi pariat diai).. sempre a boghes  .. ma cando passaio eo diventaiat  una muntagna de calore et affetu e mi donaiat calchi licantzìa.  De sos cumpanzeddos de tando no apo ammentu nodìdu.. ma solu biculos temporales et  immagines  anneuladas.. però  mi restat su sabore divesciu chi aiant sos giogos e  su  modu de fagher issoro.

Sos parentes fin  maigantos.. e  los visitaio totu cantos e  totu mi cumprian e  sas feminas mi naraian “coro ‘e mama.. Deus ti beneicat”.. sos mascios su sero a  sa recuida dae su coile .. mi contaian de issos e mi ‘ogaian a giru. In sos zilleris (unu fatu ‘e s’ ateru in su cursu) sempre pienos  e sa zente mi pariat allegra e cantaiat a tenores intro e fora.  Apo imparadu sa boghe longa e su cantu de su pastore a ses annos.. e dae tando.. cando capitat de fagher sa boghe..  in cale si siat tenore de ‘onzi bidda los canto sempre.

Nonna (mannedda) Grascia.. fit  una femina de pascescia chena limites .. ‘atia dae pagu pustis de sa gherra. Nonnu (Lullu – Lussorio a isse so’ pesadu  aiat fatu totu sas gherras  de su seculu passadu  cumpresas cussas in Libia e in Ispagna.. ) ma pagu isco .. ca pagu nd’ apo intesu faeddare.. si non chi fit un’ omine bene piazzadu de carena e  creo  de maneras gentiles.  De pius  intendìo zitare  sos frades de nonna .. moltos ambos in sa prima gherra .. Antoni e mescamente Andria Chessa.. unoradu chin sa medaglia a sa memoria.
Zidda..Chessa..Contena..Pala.. fin sos sambenados pius a notu  e sempre  dae tando in sa vida mia..onzi  ‘olta chi apo intesu o legidu unu de custos.. so torradu  a sos ammentos de tando.

Sos irrocos orunesos  dian cherrer unu libberu mannu pro los  elencare e nde faeddare.. fit  sas manera  dialetica comuna finas de sa zente  fidele a sa cheja.  Mi apo sempre preguntadu si abberu lis bessiat dae s’  anima o puru si fint bessidas  intesas  e nadas chena  las pessare o nessi chena las disizare.

M’ est  bene presente su viagiu in machina dae ‘idda.. si passaiat in Osidda (s’ istradone istrintu e biancu impoddinadu ‘e piore).. e sighiat  in sas culvas de sas serras de ‘Uddusò e de Biti..  cando a s’ispessada dae altu  su panorama de Orune mi daiat  semper una  emoscione rinnovada.

Accò.. proite amo at Orune.. e proite Orune devet essere solu amada.. ca est unica in su genere sou.. comente unu leone  non si podet pretendere chi siat masedu e chena criniera. Est bellu comente est:  fera areste e selvagia.. chi gherrat pro difendere su tzene sou e  sa domo sua.. e sas leonessas sunt capatzes de si fagher bochire  pro difendere su terrinu issoro e mescamente sa tzenia. Pro totu custu et ateru   lu muntenzo in sa calura de su coro.. ischende de non essere  frutu sou .. ma  sempre apo nadu de aer leadu  sabores e nuscos suos. Tantu est beru chi apo iscobeltu dae pagu.. chi in Casteddu una pessona aculzu a mie at postu in sa rubrica telefonica de su cell.. “Rino Orune”.. pro mi  seberare dae ateros rinos in rubrica.






Bellesas de Orune













Bellesas de Orune

Si piaghere nd’ as .. oh!! Paesana
Ti fato duas rimas in lestresa
de sa Sardigna ses istima sana
e d' issa leas totu sa bellesa
Pares d’ Orune sa chima galana
Ch’ abbaidat su mund’ in fieresa
Impare chin Nunnale e Tempiesu
Ses tue su monumentu pius atesu.
Si tue ses sa chima galana
Abbaida sas baddes fioridas
Cussas chi sa belles’ a tie dana
E chin sos ojos bene tue miras
de vida das su disiz’ e gana
cantu crujas de corpus sas feridas
onzi cosa chi tocas restat bonu
comente das sorrisu a s’ indonu

alenu 'e core










alenu 'e core


Feminas.. sezis bois chena tempus
su ch’ est passadu .. bos  at  pinzelladu,
in su presente sezis .. su chi semus
chena pessare a su ch’ est ‘istadu.
In d’ un’ incras   sezis  alu de prus
frutu de sa natura  maduradu,
no b’at pijas de cara  o dolores
chi bos potat  leare  sos colores…

L’iIschides, d' esser robba preziosa
sa  prim’ esigentzia   elementare,
dae cando su tzene  intro si posa
pro poder sa pessona preparare.
Intr’ e bois  noe meses si  gosat
gioghende  e imparende a nadare,
at unu tratu  chin forte dolore
dades a sa vida unu fiore…

Sempre  chin sa pretesa de s’amore
dades  a  donz’ ojada  atenzione,
a sa bellesa  faghides  unore
rendendebos  dignas d’atrascione.
Oltades   finzas  fritu in calore
cando  proades sa fort’  emoscione,
d’ aer in su presente a  favore
s’ alenu   chi  bi sulat in su core.

sabato 24 ottobre 2015

sa gulpa .. (pittura di Ielmo Cara)












Sa gulpa (pittuta di Ielmo Cara)


Chie de gulpa  nde faghet  merìtu
Ateros  chilcan totue a issa
Niune chi  isperiet s’ abbitu
Inue naschet  e bi paschet fissa.
Est  usu malu.. e paret diritu
De narrer  apo fatu sa promissa..
D’  esser onestu  e  in vida balente
Sun solu faltas .. ch’ inzegan sa zente.

Ma cale  gulpa at s’  iscarognadu
chi naschet  in terras de triulu mannu?
Isse  zeltu non l’at ischirriadu
E de siguru  non  est  isse  su dannu.
Tempus passadu et ilmentigadu
E  puru  in caravagliu pagu est  s’ annu
Chi  jajos  an connotu  displeldìda
Disterru  in terras de  sorte famìda.

Est beru.. semus comente  feras
Chi chilcan de difender su connotu
In buscos.. in abissos e in aeras
de terra cherimus sos frutos totu.
Ma cantas sun  sas bozzas.. sas chimeras
Sun tropu .. ma pagas sun de notu.
Niuene ..  mai  dae inie est torradu

Connotos  tantos  chi l’an .. sepultadu.!

s' edade

s' edade

Milla! s’ edade paret avanzende
Sos pilos pius lascos ammajados
s’ alva murina bido..est incanende
Ma cantos annos che sun gai passados?
De los contare non bi so pessende
Pilos .. pispinzos sun ilmentigados
Tantu ch’ isto chin issos batagliende
Est solu pro disizu.. diveltende.

su sorrisu














su sorrisu

Su tou .. no est solu sorrisu.. 
Ma vida chi cherèt bolare alta
Tue non ses inoghe pro falta 
Ma pro fagher de terra paradisu
Tue ses tue.. ispera e bisu
In su reale ..su malu ch’ iscaltas
Penseris altos .. chi montagnas saltan ..
e a fin’ e chida.. mi donas su sorrisu I
il sorriso
Il tuo non è solo sorriso..
Ma vita che vuol volare alta
Tu non sei qui per sbaglio
Ma per far di terra un paradiso
Tu sei tu.. speranza e sogno
Nel reale scarti tutto il male
Alti pensieri.. che superano le montagne
.. e per l’ week end .. mi doni il tuo sorriso..

venerdì 23 ottobre 2015

sa morte (tratta dalla gara virtuale con G.Pintore e S.Sini .. vida e naschida)












sa morte (tratta dalla gara virtuale con G.Pintore e  S.Sini .. vida e naschida)


Cando su tempus giompet a finire
No b’at de si fagher mannu meda
Su chi b’ est pustis tio cherrer ischire
Inutile est chi a bois lu peda
Mi restat su peldonu de pedire
Prima chi onzi folza poi zeda
Est su congruu de dolu ‘e gosu
Giustiscia est pro totu e riposu

Sa parte mia est sa sorre morte
Chi totu paren cherrer timire
Unica zelta est in custa corte
Amiga chi no ischit traighire
Giusta pro totu et uguale sorte
Pro poveros chi cheren irrichire
Sos ricos chi che gighen a s’ interru
Timen su fogarone de s’ ilferru

Barore ses sa naschid’ e sa vida
tue de vida imbeze su Pintore
eo ambos bos pijo in dispeldida
fatendebos unu mannu favore
bos pedo si nd’ azis apid’ ischida
de cantu podet esser su dolore
c’ azis a boltas dadu o rezidu
ca totu bos benit restituidu

No b’ at cominzu chi no at a finire
Comente no b’at vida chena morte
Si naschida benit at aultire
No conneschet de sa vida su forte
Sa vida est prezis’ a su morire
Cando la passat chin su fog’ in corte
Sol’ eo so de su mundu zeltesa
Nudda bos pedo, so chena pretesa

Niune chi mi chilchet in su gosu
O puru cando viscios su binchende
Solu chie no connoschet reposu
Onzi tantu in janna est zochedende
A isse do sonnu armoniosu
S’ ateru lu passat pianghende
Sa morte ponet sos contos a postu
Finas chi su pentidu narat “bostu”

De vida so sa prenda donosa
Difatis benin fin’ a m’ agatare
Pro issos so sa dulche isposa
mi cheren totue comporare
eutanasia pro intrar’ in sa losa
e custu mundu poder abbandonare
s’ idet chi no so cussa majalza
chi naran.. ca no so sa faulalza.

Sa morte est eventu naturale
Comente sun sa naschid’ e sa vida
Totu benit .. totu est cabale
Finas si lassat in corpus ferida
Nois semus de regnu animale
De natura sa parte preferida
Pro cussu naro chi finas sa morte
Cand’ enit .. no est de malasorte.


Dulche o mala issa cheret rispetu
Ca est s’ arrivu chi non podet mancare
Inie est dezisu su progetu
Finzas si totu cheren olvidare
Est comente unu trenu diretu
Chi paltit e si tiat cherrer frimmare
Imbeze cuss’ arrivu est fatu a posta
Pro cantas sian istadas sas sostas

Sa linna pro s’ ijerru preparadu
As oe de baranta cuintales
S’ ortu puru tue asa zapadu
Profetos nd’ as aer iguales
Tantu t’ impignas comente as nadu
Gai sos frutos an a esser tales
Sa vida puru in mala o bona sorte
Est s’ aparizu chi antizipat morte

Pintore, cantu naras de vida
Est beru solu a lu contare
Ischis chi morte cheret timida
S’ in vida no l’ ischis preparare
Si tantu obera no l’ as finida
Tempus no bat pro ti nd’ impudare
Cando tempus abbaidas in segus
T’ abbizas chi nudda benit chin tegus

Comente faghes a nde narrer male
De chie faghet de vida giustiscia
Sa morte bochit su criminale
Chi semper in vida l’at fata liscia
Ricos.potentes e sos caldinales
Inie totu cantos sun a miscia
Totu sos chi bi faghen presenzia
No mustran pius una diferentzia

Sa poesia d’ Elchidda e d’ Ortueri
Comente de Patada e donzi logu
Cantat sa vida che a passizeri
morte la malcan brujad’ a fogu
Totue est presente oe e deris
E ponet a pasare onzi arrogu
De custos tres fatos naturales
issa est sa chi c’ ogat donzi  male.

Dae sa foza morta naschet frutu
E pustis est de vida s’ alimentu
vida imbeze isetat su lutu
d’ omine ch’ est pius tristu de cuntentu
su naschidu dae su letu nd’ est rutu
e sempre cheret a isse s’ atentu
sa morte est su logu ‘e veru pasu
cando dulche ti porrit su asu


mercoledì 21 ottobre 2015

.. a una dea..







. a una dea..


Adoro s'arte in sa fotografia
e tantu coglio e nde poto gosare
Inue ‘ido chelu ..terra e mare
Ijone solu de sa fantasia.
Cantu ses tue una poesia
Eo ti chelzo iscrier’ e cantare
In ojos tuos poder navigare
E bi lassare sa semida mia.
Totu mi paret una maraviglia
Sos pilos chi adornant una dea
Tue tra totu.. sa menzus idea
Bardada dae seda e de ischiglia
Sa menzus tue ses de sa famiglia
E de sa razza umana feminea
Chin tegus finas Venus paret fea
In giogos.. ses reina ‘e sa mariglia.
Sas laras gai caldas purpurinas
Parent duos rubinos ‘castonados
Tesoros mai iscobeltos.. cuados
Chi donas solu pro fagher istrinas
Sas cristas mi parent cosas divinas
Arcos fatos e bene disignados
Michelangelo ..los at pinzellados
Chin su talentu 'e artes subrafinas
Su nare bene fatu a iscalpeddu
Perfetu . manc’ una imperfescione
De nuscu ses tue cuss’ emoscione
Chi garrigat carena e su cherveddu
Totu inoghe b’est.. francu faeddu
Ca solu bisu est .. una ‘ijone
Ma mi cuntento de s’ atentzione
Chi dat sa dea … a unu poeteddu
Giovanni Pau 

Cambicanu andare des fieru
De sa chi b'est in sa fotografia
Ca til'ammito chi est bell'aberu


Però no lu est ne tua ne mia
Cussa dea simile a giunone
Chi t'inchende su cor'e allegria,

Est beru, est atraente visione
De cussasa chi pagas sind'a bidu
E chi la dias cherrer'in persone,

Però non creo ch'a tie Cupidu 
Cun d'una frizza trapasset su coro
Pro chi lu tenzas sempr'inteneridu.

Geo puru sa bellesa bi l'onoro
Ca cussa non lu est unu misteru
Ma solu cun sa vista m'innamoro,

B'est chie diat ceder'un'inperu
Pro una femina 'e gai bella
Pro nde esser de issa fieru

Ma tue dae mente la cancella
E miradi un'ater'orizonte
E chissà ch'ispuntend'in su monte
Non ti potas mirare ater'istella.

martedì 20 ottobre 2015

Niune..















Niune….

Sa musa mia si narat Niune Ca mi gighet fatu che cateddu Ligadu pes e manos chin sa fune Sa mente m’at leadu e su chelveddu Podet esser de Bitti o de Orune De Arzana.. Orgosol’ o Casteddu Sol’ issa ischit ‘ue tocat su coro.. Lacanas de Ozastra e de Nugòro. Niune s’ at postu pro improvelzu E bivet fatu sas baddes e montes Sos buscos de nanzola e de suelzu Sun suos.. sos amenos orizontes. De prata gighet fatu s’ istelzu Garrìgu de bellura in donzi fronte Brincat subr’ e nues e sa luna Che issa non ap’ idu mancuna. Dimando a Niune “ue ses?” Rispundesi: “sempre ti so presente.. Non bides ti gito suta e pes Ca ses de mie solu dipendente. De me connosches custas cosas tres: Su coro.. s’ anima e sa mente as custu .. però mi faghes pena Ca non connosches de mene carena”. Niune connoschet de me s’ amante Ca issa est colore trasparente Bolat totue che lebiu aliante Finas in sas intragnas de sa mente In s’aera la bido ‘asì custante S’ alenu de a issa in sa currente Iss’ est Niune impossibil’ amante Comente Beatrice fit pro Dante A cando pesso: “mi mancat s’ ispiru” Accolla ! chi s’ apparit a s’ istante “Lea versos in rima.. sun a biru Intro sa broca mia bene bundante” Passadu su nelvosu e s’ airu Torro in cuss’ istadu estasiante Isolvo totu sos nodos de fune E ponzo in poesia a Niune.


Peppe Montesu 

Niune t’at leadu in cunsidera
Ti juchet afranzadu notte e die
T’intrat in conca semper rie rie
Paret ti vattat una primavera
Tue versos ispannas in s’aera
Chi sunu issos de ispantu a mie
fiores sun de campu in poesia
chi dat Niune a tie solu ebbia
.
Niune a tie leat manu manu
Ti ponet alas e volas tottue
Non bi at monte ne in chelu nue
Chi firmet custu tuo volu arcanu
Luminosu che sole su manzanu
Continu istas chin issa sue sue
Mai Niune ti lassat istare
chin issa ses tottue in chelu e mare